LA CORTE DI APPELLO Ha pronunciato la seguente ordinanza nel procedimento di appello civile n. 661/1999 promosso da Regione Liguria, in persona del presidente pro-tempore, elettivamente domiciliata in Genova, via della Giuseppina, 12.5, presso e nello studio dell'avv. Gabriella Schelotto che la rappresenta e difende per mandato a margine dell'atto di citazione in appello, appellante; Contro C.A.R.E.S. - Centro attivita' riabilitative educative sociali, in persona del presidente e legalerappresentante Maria Pia Radi, elettivamente domiciliata in Genova, via Palestro 10.11, presso e nello studiodell'avv. Angela Maugeri che la rappresenta e difende per mandato a margine della comparsa di costituzione e risposta, e contro U.S.L. 3 Genovese, in persona del direttore generale, con sede in Genova, elettivamente domiciliata in via Granello, 1.6 presso e nello studio dell'avv. Ilaria Illari, appellata-contumace, avverso la sentenza resa inter partes dal pretore di Genova 31 maggio 1999, n. 984. Conclusioni Per l'appellante: si chiede che la Corte d'appello voglia in totale riforma della sentenza n. 268/1999 del tribunale di Genova dichiarare il difetto di legittimazione passiva della Regione Liguria nella causa di 1o grado. Con particolare riferimento alla legge regionale n. 26/2000; dichiara inoltre che la Cares e' gia' stata pagata dalla regione. Per l'appellata C.A.R.E.S.: piaccia alla Corte d'Appello di Genova, contrariis reiectis, considerato quanto sopra esposto e valutate le risultanze degli atti del procedimento di primo grado, rigettare l'appello proposto in quanto manifestamente infondato in atto e in diritto, e confermare integralmente la sentenza n. 984/1999 delpretore di Genova. In via subordinata, nella denegata ipotesi di accoglimento dell'atto di appello, dichiarare la U.S.L. 3 Genovese, in via alternativa e/o solidale e/o pro quota con la Regione Liguria tenuta al pagamento delle somme di cui sopra. Con vittoria di spese ed onorari del presente procedimento. Svolgimento del processo Nel giugno del 1997 la C.A.R.E.S. - Centro attivita' riabilitative educative sociali, chiese ed ottenne dal pretore di Genova decreto ingiuntivo nei confronti della U.S.L. 3 Genovese per l'ammontare di Regione Liguria L. 24.345.267, oltre interessi legali, quale corrispettivo per servizi di assistenza riabilitativa specifica fornita agli aventi diritto ai sensi della legge 23 dicembre 1978, n. 833, in regime di convenzione. L'U.S.L. ingiunta propose opposizione, a mezzo del proprio commissario liquidatore, convenendo in giudizio la creditrice a la Regione Liguria affinche' fosse accertato nel loro contraddittorio il proprio difetto di legittimazione passiva e invece la sussistenza di detta legittimazione in capo alla regione; e cio' in quanto le gestioni delle nuove istituzioni sanitarie, operative dal 1 gennaio 1995, non dovevano esser caricate dei debiti riguardanti i bilanci precedenti secondo una corretta interpretazione dell'art. 6 della legge 23 dicembre 1994, n. 724, che aveva fatto divieto alle regioni di far gravare sulle aziende neo istituite direttamente o indirettamente debiti e crediti facenti capo alle pregresse UU.SS.LL. La Regione Liguria, costituitasi, escluse ogni forma di propria successione del debito delle unita' sanitarie locali, essa dovendo solo far fronte a quello delle gestioni stralcio, di queste ultime esclusivamente nell'ambito delle quote del fondo sanitario nazionale assegnatele. La C.A.R.E.S., costituitasi, insistette per la reiezione dell'opposizione osservando che la successione delle nuove aziende alle UU.SS.LL. aveva comportato anche l'assunzione dei relativi debiti e crediti nella figura delle gestioni stralcio e che la funzione assunta dalla regione Liguria era solo di natura organizzativa, senza alcuna legittimazione processuale. In esito ad istruzione esclusivamente documentale il pretore adito, definitivamente pronunciando revoco' il decreto ingiuntivo opposto; dichiaro' il difetto di legittimazione passiva della U.S.L. 3 Genovese e rigetto' ogni domanda contro di essa proposta; condanno' la regione Liguria al pagamento in favore della C.A.R.E.S. della somma di L. 24.345.267 con gli interessi legali oltre alle spese. Osservo' il primo giudice che la riforma del servizio sanitario nazionale istituita dal d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502 e leggi successive aveva individuato nelle regioni gli enti investiti delle funzioni legislative e amministrative in materia sanitaria cui competeva altresi il compito di dettare norme disciplinanti la gestione finanziaria epatrimoniale delle aziende sanitarie in base a detta riforma la giurisprudenza, chiamata ad individuare gli enti succeduti alle soppresse UU.SS.LL., aveva affermato Iesistenza di una successione ex lege in capo alle regioni, indicando in queste uitime, piuttosto che nelle neo istituite aziende sanitarie, gli enti titolari dei rapporti di debito e credito delle disciolte UU.SS.LL. risultanti alla data del 31 dicembre 1994. Avverso le predette statuizioni ha qui proposto appello la regione Liguria denunciandone l'erroneita' ed instando, in riforma della gravata sentenza, per l'accoglimento delle conclusioni in epigrafe trascritte. L'appellata C.A.R.E.S., nel costituirsi, ha chiesto il rigetto dell' avverso appello e la conferma delle decisioni di prime cure. Nella contumacia - non dichiarata - della U.S.L. 3 Genovese la causa, sulle conclusioni come sopratrascritte precisate all'udienza collegiale del 21 febbraio 2001, e' stata trattenuta in decisione scaduti i termini per il deposito delle comparse conclusionali e delle note di replica. Motivi della decisione 1. - Va preliminarmente dichiarata la contumacia dell'appellata U.S.L. 3 Genovese, non costituitasi nelpresente giudizio nonostante la ritualita' della notificazione dell'atto introduttivo. 2. - Ai fini del decidere va premessa una ricognizione del complesso quadro normativo della materia di che trattasi. Con il d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, emanato sulla base della legge n. 421 del 1992, di delega per la razionalizzazione e la revisione delle discipline in materia di sanita', di pubblico impiego e di finanza territoriale, e' stato realizzato il riordinamento della disciplina in materia sanitaria, con la soppressione delle unita' sanitarie locali e l'istituzione delle aziende sanitarie locali, aventi natura di enti strumentali della regione, dotati di personalitagiuridica pubblica, di autonomia organizzativa, amministrativa, patrimoniale, contabile. gestionale e tecnica (art. 3 del decreto). La legge 23 dicembre 1994, n. 724 ha disposto all'art. 6 comma 1: "... in nessun caso e' consentito alle regioni di far gravare sulle aziende di cui al d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni ed integrazioni, ne' direttamente ne' indirettamente, i debiti e i crediti facenti capo alle gestioni pregresse delle unita' sanitarie locali. A tal fine le regioni dispongono apposite gestioni a stralcio, individuando l'ufficio responsabile dellemedesime". Tale norma ha resistito al giudizio di costituzionalita'. avendo la Corte costituzionale, con sentenza21-28 luglio 1995, n. 416, dichiarato non fondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 6, comma 1,sollevata dalla regione Sicilia, anche sotto il profilo, tra gli altri, che esso impone alle regioni di provvedere ai disavanzi di gestione. La legge 28 dicembre 1995, n. 549, a sua volta, ha disposto all'art. 2, comma 14 che "Per l'accertamento della situazione debitoria delle unita' sanitarie locali e delle aziende ospedaliere al 31 dicembre 1994, le regioni attribuiscono ai direttori generali delle istituite aziende unita' sanitarie locali le funzioni di commissari liquidatori delle soppresse unita' sanitarie locali ricomprese nell'ambito territoriale delle rispettive aziende. Le gestioni a stralcio di cui all'art. 6, comma 7, della legge 23 dicembre 1994, n. 724 (69), sono trasformate in gestioni liquidatorie ...". Tali norme sono state interpretate dalla Corte di cassazione nel senso che a seguito della soppressione delle unita' sanitarie locali, avvenuta con d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, e per effetto dell'art. 6, comma primo, della legge 23 dicembre 1994, n. 724 e dell'art. 2, comma quattordicesimo, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, si e' verificata una successione ex lege a titolo particolare delle regioni nei rapporti di debito e credito gia' facenti capo alle unita' sanitarie locali. Detto orientamento, inaugurato dalle sentenze della S.C. 12 agosto 1996, n. 7479 e 9 novembre 1996, n. 9804, e' stato confermato dalle sezioni unite civili (Cass. sez. un. 11 agosto 1997, n. 7482), costantemente seguito dalle sezioni semplici (Cass. 26 settembre 1997, n. 9438; Cass. 7 novembre 1997, n. 10939; Cass. 27 gennaio 1998, n. 803; Cass. 6 giugno 1998, n. 5602; Cass. 7 ottobre 1998, n. 9911; Cass. 17 dicembre 1998, n. 12648) e nuovamente ribadito dalle sezioni unite (sent. 18 dicembre 1998, n. 12712; da ultimo Cass. 23 febbraio 2000, n. 2032), con la precisazione che il descritto quadro normativo non risulta modificato dal successivo provvedimento normativo di cui al d.l. 13 dicembre 1996, n. 630, convertito in legge n. 21 del 1997, il quale e' stato adottato all'esclusivo fine di provvedere al finanziamento dei disavanzi del servizio sanitario nazionale al 31 dicembre 1994 e si elimitato a pone un tale disavanzo a carico dello Stato sino all'importo di lire 5.000 miliardi, ed a costituire, per il residuo, una provvista a beneficio delle regioni (Cass. 4 luglio 1998, n. 6549). Infatti l'art. 1 del d.l. 13 dicembre 1996, n. 630, convertito in legge 11 febbraio 1997, n. 21 dispone che "Per il parziale finanziamento dei disavanzi di parte corrente del servizio sanitario nazionale a tutto il 31 dicembre 1999, il Ministro del tesoro e' autorizzato a contrarre mutui, fino all'importo di lire 5.000 miliardi, con onere a totale carico dello Stato. La Regione Valle d'Aosta e le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono al finanziamento dei loro disavanzi ai sensi dell'art. 34, commi 3 e 5, della legge 23 dicembre 1994, n. 724". E il comma 2 specifica che "Le somme derivanti dai mutui di cui al comma 1 sono versate all'entrata dei bilancio dello Stato per essere assegnate con decreti del Ministro del tesoro ad apposito capitolo dello stato di previsione delMinistero del tesoro, anche di nuova istituzione, per il successivo versamento alle regioni secondo le modalita' indicate nel presente articolo". Il dato normativo che risulta dalla breve ricognizione legislativa e giurisprudenziale anzidetta (successione delle regioni nei debiti progressi delle unita' sanitarie locali) puo', quindi, considerarsi jus receptum. Non vi e' alcun dubbio pertanto che, sulla base di tali disposizioni, l'appello della regione Liguria, volto a far constare il proprio difetto di legittimazione passiva nella soggetta materia non potrebbe che essere disatteso proprio perche', come sopra rilevato, risulta essersi verificata una successione ex lege a titolo particolare delle regioni nei rapporti di debito e credito gia' facenti capo alle unita' sanitarie locali. Cio' precisato, va peraltro rilevato che nel corso della presente fase di giudizio e' entrata in vigore la legge regionale della Liguria 24 marzo 2000, n. 26 la quale, all'art. 1, ha stabilito la cessazione delle gestioni liquidatorie; e all'art. 2 ha previsto, per quanto qui interessa, che "Tutti i rapporti giuridici gia' facenti capo alle unita' sanitarie locali ... operanti nella regione Liguria, ancorche' oggetto di giudizi in qualsiasi sede e grado, si intendono di diritto trasferiti in capo alle aziende unita' sanitarie locali ... nonche' agli istituti ed enti sopraindicati ai quali restano attribuite la titolarita' e la legittimazione, sostanziale e processuale, attiva e passiva, e il relativo esercizio da parte dei rispettivi legali rappresentanti". Si tratta di una normativa regionale che incide profondamente sul principio sancito dalla normativa nazionale, quale interpretato dalla univoca giurisprudenza della S.C. anche a sezioni unite, poiche' vale a caricare le aziende neoistituite proprio dei debiti contratti dalle vecchie UU.SS.LL. trasferendo alle stesse cio' che invece doveva far carico alle regioni; e cio' sia dal punto di vista processuale che sostanziale ("restano attribuite la titolarita' e la legittimazione, sostanziale e processuale, attiva e passiva ..."). Ritiene il collegio che la normativa regionale anzidetta contrasti con alcuni principi sanciti dalla Costituzione; e che quindi debba sollevarsi di ufficio questione di legittimita' costituzionale nei sensi di cui infra. Risulta dapprima violato il principio di cui all'art. 3 della Costituzione poiche' in una obbligazione di diritto comune (il debito verso la creditrice C.A.R.E.S. risulta infatti sorto jure privatorum) viene sostituito di imperio il soggetto debitore ad opera proprio del soggetto obbligato, senza che a tale sostituzione abbia fatto seguito ilconsenso della parte creditrice. La legge regionale infatti altera l'eguaglianza delle parti sia nella sostanzaobbligatoria che nel processo poiche' sottrae un soggetto tenuto ad una prestazione alla obbligazione alla quale era astretto per diritto comune, di fatto istituendo una forma di liberazione del debitore diversa dall'adempimento, non prevista dalla disciplina civilistica. Risulta, poi, violato il principio di cui all'art. 24 della Costituzione il diritto alla difesa affermato da tale disposizione e' stato considerato dalla giurisprudenza una concretizzazione del principio di eguaglianza, vietando al legislatore l'introduzione di discriminazioni irragionevoli d'ordine soggettivo nella disciplina positivadell'accesso alla giustizia. Sul piano pratico si registrano numerose affermazioni in ordine alla necessita' di una effettiva eguaglianza delle parti nel processo che, specie nel campo dei rapporti con la p.a. puo' essere violata nell'ipotesi di istituzione di privilegi tecnico-processuali, attribuiti senza plausibile giustificazioni alla parte pubblica, oppure medianteagevolazioni irragionevoli, talvolta riservate all' azione giudiziaria dello Stato, oppure ancora mediante disparita' di trattamento processuale dei mezzi di tutela a disposizione dei cittadini nei confronti degli enti pubblici. La necessita' di una parita' formale delle pani nel processo presuppone un rapporto di proporzione fra poteri di azione e difesa; cio' che la dottrina ha qualificato come egalirte' des armes, e cioe' come equivalenza astratta di chances di successo nella lite cosi' che ad entrambe le parti in giudizio siano riconosciute identiche possibilitatecnico-processuali di far valere i propri diritti e di condizionare in loro favore il convincimento del giudice. Non pare al collegio che la normativa regionale sia rispettosa di tale principio; poiche' a lite iniziata, e quindi in una fase processuale dinamica in cui le parti si aspettano - e pretendono - l'eguaglianza delle armi processuali a loro disposizione, addirittura sottrae se stessa (la legge regionale si applica proprio alla regione Liguria in causa) alla soggettivita' passiva derivante da un rapporto obbligatorio e, quindi, alla soggettivita' processuale (legittimazione passiva) alla quale era ed e' tenuta come parte sostanziale del rapporto obbligatorio. Analogamente deve ritenersi violato l'art. 111 Cost., quale modificato dalla legge costituzionale23 novembre 1999, n. 2 sul c.d. giusto processo, per il quale, come e' noto, "ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti" e soprattutto, per quanto qui interessa, "... in condizioni di parita'"; mentre della sussistenza di tale ultima condizione e' lecito dubitare per gli stessi motivi per i quali si era ravvisata dal collegio una violazione del principio di cui all'art. 24 Cost. Ed infine ritiene il collegio che la normativa regionale contrasti con l'art. 117 Cost. per il quale la regione puo' emanare norme legislative "nei limiti dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato, sempreche' le norme stesse non siano in contrasto con l'interesse nazionale e con quello di altre regioni". La giurisprudenza costituzionale ha ritenuto che tali principi fondamentali possono desuinersi direttamente o da norme costituzionali, ovvero da obblighi assunti internazionalmente, oppure ancora dalla legislazione statuale ordinaria se espressione di riforme di carattere generale, coinvolgenti l'intera collettivita' nazionale (le c.d. grandi riforme; v. ad es. Corte cost. 22 dicembre 1969, n. 160; Cass. 9 aprile 1997, n. 3077). Tale ritiene il collegio essere questo il caso di specie. Attraverso la legislazione nazionale surrichiamata (in particolare, attraverso la soppressione delle vecchie UU.SS.LL. e l'istituzione delle nuove aziende imita' sanitarie locali) si e' infatti inteso affrontare da parte dello Stato la grande forma del servizio sanitario nazionale,stabilendo espressamente che i nuovi organismi fossero liberi da passivita' che ne potessero frenare od ostacolare l'attivita'; riforma che la legislazione regionale ha invece inteso, a giudizio del collegio, ostacolare onerando le nuove aziende di quelle passivita' pregresse che il legislatore nazionale aveva inteso invece attribuire alle regioni medesime. Le questioni dedotte sembrano a giudizio del collegio non manifestamente infondate; e sono rilevanti ai fini del decidere perche', se la legge regionale sospettata di incostituzionalita' fosse realmente dichiarata tale, cadrebbe ogni ostacolo a che venisse riaffermata, anche in questa sede, la legittimazione passiva della regione Ligurianell'obbligazione debitoria di cui e' processo con ogni conseguenza. Gli atti vanno quindi trasmessi alla Corte costituzionale per l'ulteriore corso; ed il presente giudizio sospeso sino all'esito del procedimento di costituzionalita' anzidetto.